L’arte dei muretti a secco

Dettaglio

L’arte tradizionale dei muretti a secco è iscritta ufficialmente dal 2018 dall’UNESCO nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità per tutelare un’arte millenaria. Si riferisce a tutte le conoscenze, tramandate nei secoli, collegate alla costruzione di strutture realizzate ammonticchiando e incastonando le pietre l’una sull’altra, senza l’utilizzo di altri elementi tranne, a volte, la terra a secco.

Un’iscrizione comune a otto paesi europei, che ha trovato in Italia una presenza eccezionale in diverse regioni. Un’arte sapiente e millenaria, tutt’oggi praticata e giustamente preservata che testimonia come l’uomo può modificare i paesaggi per i suoi scopi, pur rimanendo in perfetta armonia con l’ambiente.

Dalla costruzione delle abitazioni a quella dei terrazzamenti e degli argini, per contrastare l’erosione dei venti, le alluvioni, la desertificazione delle terre e ottenere quindi le migliori condizioni microclimatiche per l’agricoltura e gli allevamenti.

In Sicilia interi paesaggi e territori sono caratterizzati dalla presenza di queste costruzioni, realizzate con i materiali tipici del posto e adattate alle particolari condizioni dei luoghi, tanto da definirne fortemente le identità.

Alle pendici dell’Etna, ad esempio, il paesaggio è segnato dalla presenza dei terrazzamenti di pietra lavica realizzati per la coltura dei vigneti, destinati alla produzione dell’eccellente vino siciliano Etna Doc. Così come capita di imbattersi, lungo le strade provinciali e in mezzo ai campi, nelle misteriose turrette, dette anche per la loro forma, piramidi dell’Etna. Sono circa una quarantina attorno al vulcano questi manufatti architettonici realizzati a gradoni, alti fino a 40 metri. Monumenti funebri o templi siculi per il culto religioso, secondo alcune ipotesi, ma più probabilmente antichi manufatti di contadini che nello spietrare i campi usavano ammonticchiare ordinatamente le pietre di roccia lavica, fino a costruire queste magnifiche strutture spesso usate per il ricovero degli attrezzi da lavoro.

Per non parlare dell’entroterra, della suggestiva campagna iblea, dove i muretti di pietra calcarea serpeggiano in tutto il territorio, tra masserie, pascoli e terreni coltivati, offrendo un volto affascinante e distinguibile di questa regione.

Nell’isola di Pantelleria – perla nera del Mediterraneo – l’arte ha radici antichissime. In una natura splendida, ma allo stesso tempo “difficile”, per secoli il contadino pantesco ha utilizzato questa sapiente tecnica nella costruzione delle proprie abitazioni, i caratteristici dammusi, e dei terrazzamenti per le colture, dove i terreni era troppo scoscesi.

Ben 12.000 chilometri di muretti a secco attraversano l’isola di Pantelleria, perfettamente integrati nel paesaggio pantesco. Qui, certamente non a caso, ben due sono i beni immateriali iscritti nel Patrimonio dell’umanità: la vite ad alberello e l’arte dei muretti a secco, uniti tra loro da un legame indissolubile. A Pantelleria, infatti, dove c’è una vite non può non esserci un muretto.

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